
Se ne è discusso al convegno “Milano violenta. Quali risposte?”, organizzato dal gruppo “Nazione Futura” allo Spazio PIN
Furti, rapine, borseggi, spaccio, accoltellamenti, bande di latinos e stupri, un bell’elenco della (in)sicurezza di cui gode la città della Madonnina; quella stessa che un tempo fu “capitale morale” d’Italia. Moderati dal giornalista Paolo Guido Bassi, ne hanno discusso il 7 aprile al convegno “Milano violenta. Quali risposte?”, organizzato dal gruppo “Nazione Futura” allo Spazio PIN, il Generale dei Carabinieri (ris) Carmelo Burgio, il sociologo prof. Marco Lombardi, l’Onorevole Igor Lezzi e il Gen. (ris) Francesco Cosimato, presidente di “Centro Studi Sinergie”.
I relatori hanno evidenziato come la disattenta gestione municipale, unita al mancato controllo dell’immigrazione e al permissivismo di troppi giudici, abbiano generato nella cittadinanza una pericolosa miscela di malcontento e rabbia. Il tasso di criminalità cittadino è ormai arrivato a livelli preoccupanti e va purtroppo registrato che una elevata percentuale di omicidi femminili sono commessi da stranieri. E agli immigrati, che in città sono circa il 15%, va attribuito il 34 % dei crimini complessivi. Ma sono verità che non si possono dire, salvo passare per razzisti. «Quando scrivo che statisticamente gli immigrati non sono terroristi, ma statisticamente i terroristi sono immigrati o, ancora, che la teocrazia dell’Islam è assolutamente incompatibile con la cultura e la democrazia occidentali – afferma il prof. Lombardi – vengo censurato. Però questa è la cruda verità». Il disagio sociale non può giustificare i reati, prosegue il sociologo, «ma se le cause del disagio vanno ricercate e risolte, non può mancare il rigoroso contributo delle forze di polizia e della magistratura per annullarne o contenerne gli effetti».
Tutti i convenuti sono del parere che in nessun Paese al mondo l’inseguimento iniziato dai carabinieri al Corvetto, poi conclusosi con la morte accidentale di un giovane immigrato, avrebbe fatto tanto scalpore come in Italia. Perché nessun popolo avrebbe messo in discussione l’azione delle forze dell’Ordine. I “maranza” di seconda generazione sono molto pericolosi, e le banlieu francesi avrebbero dovuto fare scuola, ma noi italiani, superficiali e tolleranti, non abbiamo fatto tesoro delle esperienze altrui.
Era altresì condivisa fra i presenti al convegno l’idea che se una famiglia di immigrati non si dimostra in grado di allevare ed educare i figli nel rispetto delle leggi e delle convenzioni sociali, dovrebbe perdere la cittadinanza o, nel caso, il diritto di asilo.
Poi l’argomento si è posizionato sul comportamento di molti magistrati. «Per questioni operative su mafia e ‘ndrangheta – interviene il generale Burgio – ho avuto modo di lavorare con eccellenti magistrati, fedeli servitori dello Stato, ma purtroppo vi è una minoranza di giudici ideologizzati che influisce negativamente sulle sentenze e sulla interpretazione delle leggi. Dobbiamo sicuramente procedere verso la separazione delle carriere, ma non aspettiamoci che i giudici paghino i loro errori. Pur di non commetterne assolverebbero tutti o, quelli in appello, non cambierebbero mai sentenza per non smentire i colleghi del primo grado, e quindi dover far loro pagare i danni. Detto ciò – prosegue il generale – se io, durante la carriera di ufficiale nei Carabinieri ho dovuto sottopormi numerose volte a test psicoattitudinali per verificare le mie capacità, emotività e serenità di giudizio, dovute al fatto che dovevo comandare uomini e maneggiare armi, non vedo per quale motivo non vi si debbano sottoporre i magistrati. I quali hanno fra le loro mani armi estremamente importanti: la nostra libertà e la nostra vita».
Sul “pacchetto sicurezza” da poco approvato alla Camera e sull’atteggiamento dei giudici è intervenuto l’on. Igor Lezzi (Lega): «È incredibile come non si riesca a far comprendere ai magistrati che le rom borseggiatrici sui mezzi pubblici non fanno numerosi figli perché amano la famiglia. Anzi, li abbandonano. Ma è il loro disumano e meschino espediente per poter rubare senza essere messe in galera. Ebbene, è una battaglia persa…
Per quanto riguarda invece veli e burka avevamo fatto riferimento ad una legge degli anni Settanta la quale, varata per i rischi di terrorismo, vieta di coprire il volto con caschi, maschere o altro, impedendo il riconoscimento della persona. Anche qui niente da fare, e il bizantinismo, il distinguo, l’interpretazione soggettiva, vincono. Perché secondo il giudice la copertura del volto ha soltanto finalità religiose e non sovversive. Quanto ai giudici di Cassazione, ora verrà approvata la loro nomina per estrazione, e ciò renderà molto più difficili taluni giochetti di potere».
È il generale Burgio a dire l’ultima sulle difficoltà delle Forze dell’Ordine nel compiere il loro dovere. «Quando dopo appostamenti, pedinamenti e fatiche arrivi alla certezza che qualche immigrato senza lavoro né permesso di asilo nasconde droga in casa, mandi i carabinieri a perquisire. Trovano la droga e scatta l’imputazione. Ma l’inquisito si rivolge alla Polizia (se è stato arrestato dalla Polizia va invece dai Carabinieri) e sporge denuncia dichiarando che durante la perquisizione gli sono stati rubati dei soldi e magari, che so, una macchina fotografica mai posseduta. Così il giudice è costretto a dare seguito alla denuncia dello spacciatore, con relativa temporanea sospensione del carabiniere (o del poliziotto). E mi sono sentito dire: “Comandante, io a fare perquisizioni non ci voglio più andare”».
No, non è un Paese romanzato da Kafka. È L’Italia, è Milano. Forse è una Democrazia che sta regalando al suo nemico il cappio per impiccarla. Ma c’è chi lo chiama garantismo, inclusione, accoglienza…