
La rapidità dell’odierna comunicazione si nutre anche di video virali che divulgano in tempo reale episodi di cattivo gusto e persino di cronaca nera.
Ormai siamo abituati a conoscere la cronaca, a comprendere la realtà e a trovare motivi di riflessione proprio attraverso il filtro dei video virali.
L’estate ha favorito questi video frutto di un certo modo di proporre i vissuti: tuffi in mare da scogli elevatissimi, scazzottate durante le tradizionali processioni, aggressioni gratuite a musicisti che stanno allietando la gente festante, ragazzotti che alle prime ore del mattino fuggono dopo aver dato alle fiamme giostrine rionali per bambini.

E’ la proposizione immediata di quello che accade, non si sa per compiacimento, spirito voyeuristico o desiderio di condividere la riprovazione per certi gesti. E altrettanto in tempo reale si scatena la reazione e l’indignazione della gente in base alle varie gradazioni di buon gusto. C’è chi strepita, chi inveisce, chi invoca vendetta, chi giustizia, chi scrive comunicati. Ognuno reagisce (pubblicamente ovviamente) in base alla sua sensibilità e educazione, o al suo ruolo.
Purtroppo all’indignazione del momento non segue (o quanto meno non emerge sui social) un impegno fattivo – educativo e repressivo – di tali fenomeni.
Se per qualcuno ciò diventa occasione di lezione di vita sull’imbarbarimento dei costumi, sul malessere sociale, sulle famiglie assenti, sulla scuola che non è efficacemente educativa, la tragedia del nostro tempo è che tante violazioni – reati o gesti di cattivo gusto che non necessariamente hanno valore penale –, propagate e alimentate dai social, restano impunite.
Un paradosso del nostro tempo: nell’epoca della casa di vetro, i malfattori compaiono sui social o perché smaniosi di fare vedere le loro scempiaggini o perché oggetto di video virali di altri, ma non risulta facile individuarli.
Nessuno (o quasi), insomma, paga per i reati commessi. Allo sdegno pubblico di certi gesti o episodi non corrisponde lo scoprimento e la punizione a norma di legge dei colpevoli.
Nell’era della comunicazione globale, subentra il silenzio, la dimenticanza, la rassegnazione. E il colpevole la fa franca.

Fino al prossimo gesto eclatante che farà ritornare a discettare sull’argomento.
Resta però quella brutta sensazione per qualcosa che non si comprende appieno, per violenze gratuite e gesti sconvenienti, che purtroppo aumentano (non si sa se a causa dei social che le amplificano e spingono all’emulazione, o a causa delle basi del vivere civile che vengono minate sempre più e delle quali i social si limitano a dare atto).
Non sappiamo, infatti, se questi episodi sono più noti grazie ai social (ma c’erano anche prima e meno conosciuti) oppure se sono statisticamente aumentati a causa di un mondo che sta diventando più narcisista, più perverso, più malvagio.
Sociologi, psicologi e criminologi daranno il loro parere sul malessere sociale in atto ma è l’animo dell’uomo che deve tornare ad essere più altruista, nella speranza che virali diventino quei video che propagano positività o, meglio, buone notizie. Allora la vittoria dei social sarà completa. E in tanti potranno imitare quei gesti di disponibilità e di generosità, che pure sono presenti ma non ricevono adeguata divulgazione. Un maggior impegno in tal senso, partendo dalle piccole vicende della quotidianità, potrà aiutare l’umanità a diventare migliore.
