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Melegnano inaugura lo “Spazio Marchini”.

26 Luglio 2021 by Redazione Farecultura -

La città di Melegnano dedica una spazio allo scultore Vitaliano Marchini all’interno della Sala degli Stemmi del Castello Mediceo.

Il 29 luglio 1971 ci lasciava lo scultore Vitaliano Marchini. Terminava così il suo percorso terreno uno dei più insigni artisti melegnanesi. Era tornato da pochi mesi nella città che lo aveva visto nascere e vivere i primi anni della sua vita, trascorsa per la maggior parte a Milano, presso la nonna materna e poi con la moglie, e a Mergozzo, nella Bassa Val d’Ossola, vicino alle Cave di Candoglia, che forniscono il marmo per il Duomo di Milano.

Nello stesso giorno la comunità melegnanese lo ricorda attraverso l’iniziativa dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Melegnano, con il patrocinio del Comune di Mergozzo e la media partnership del periodico locale il Melegnanese.

Il 29 luglio 2021 sarà inaugurato lo Spazio Marchini, all’interno della prestigiosa Sala degli Stemmi del Castello Visconteo-Mediceo. Nell’occasione saranno presentati nuovi pannelli fotografici con le sue opere nel Duomo di Milano, per gentile concessione della Veneranda Fabbrica del Duomo, un restyling atto a valorizzare il patrimonio artistico già presente, donato alla città dagli eredi. Una breve cerimonia, alle 17.30 del prossimo 29 luglio, e a seguire apertura straordinaria libera e gratuita dello Spazio Marchini sino alle 20.30.

«In questa estate di riprese delle attività culturali il Castello di Melegnano riveste un ruolo fondamentale, così come la promozione dell’arte della nostra città e dei suoi grandi protagonisti. Tutta la comunità si arricchisce di uno spazio che celebra la produzione artistica di Vitaliano Marchini, patrimonio per tutti i cittadini, di oggi e di domani» dichiara l’Assessore alla Cultura Roberta Salvaderi.

Fino alla fine dell’anno sarà possibile apprezzare le cromie del pittore Angelo Turin e le forme dello scultore Vitaliano Marchini, rispettivamente nel ventesimo e nel cinquantesimo dalla scomparsa, tra le colonne del cortile d’onore in una art gallery a cielo aperto, curata da Rosanna Galli, intitolata “Grandi Melegnanesi”.

VITALIANO MARCHINI (1888-1971)
Marchini nasce a Melegnano, orfano della madre Maria Stella Maestri, morta dopo poco dal parto, viene portato a 12 anni dal padre Angelo a Milano, dalla nonna materna, per trovare lavoro. Garzone di fornaio e di muratore divenne lavorante in alcune botteghe dove apprese la tecnica della lavorazione del marmo, sviluppò così la sua passione per la scultura, che coltivò da autodidatta, incantato, come ebbe a dichiarare, dal monumento delle Cinque Giornate di Milano, opera dello scultore Giuseppe Grandi. A soli diciotto anni espose alla mostra della Permanente di Milano nel 1906; frequentò poi anche lo studio dello scultore milanese Luigi Panzeri. In quegli anni suo riferimento era la scultura del tardo impressionismo e della Scapigliatura milanese. Nel 1910, con l’opera Prime fatiche, una figura di ragazzo in gesso, partecipò all’Esposizione nazionale di Belle Arti di Brera e vinse il premio Tantardini. Nel 1912, sempre all’Esposizione di Brera, vinse il premio Fumagalli con il bronzo Piccola madre e nel 1914 espose alla XI Biennale di Venezia il bronzo Ritratto d’artista. La prima guerra mondiale, dove prestò servizio prima come fante e poi come ufficiale degli alpini, limitò ma non precluse la sua attività artistica, è infatti del 1917 il gruppo bronzeo La cieca. Alla XII Biennale di Venezia del 1920, è presente con il marmo Bimbo malato. Nel 1921 sposò a Melegnano Piera Zucchelli e nello stesso anno divenne insegnante di figura modellata presso il liceo artistico dell’Accademia di Brera. Del 1922 è la sua prima mostra personale alla galleria Pesaro di Milano, dove espose trentasei opere in marmo, presentato da Adolfo Wildt, del quale si comincia ad intravedere le influenze. Alla morte di quest’ultimo gli fu affidata la supplenza di Scultura decorativa, alla Scuola di Scultura dell’Accademia di Belle Arti di Brera, supplenza che tenne fino al 1934, quando divenne titolare della  cattedra. Di nuovo nel 1925 partecipò all’Esposizione nazionale di Belle Arti di Brera, con due opere in gesso. Di quegli anni i giudizi favorevoli di Carlo Carrà e le frequenti riproduzioni su riviste come Emporium, Domus e l’Illustrazione italiana. Nel 1926 partecipò alla I Mostra del Novecento italiano a Milano accanto a scultori come A. Maraini, D. Rambelli, R. Romanelli, L. Andreotti, con tre opere in marmo. Dal 1927 fu insegnante di scultura all’Accademia di Brera, dove rimase fino al 1959. Dal 1929 fu anche direttore della Scuola superiore degli Artefici, annessa a Brera. Nel 1928 e nel 1930 partecipò alla Biennale di Venezia e nel 1931 partecipò alla I Quadriennale romana. Una intensa produttività e di relativa affermazione che culminarono con la sala individuale consacrata alla XVIII Biennale di Venezia del 1932, con ben sedici sue opere. Dal 1932 al 1934 fece parte della commissione edilizia e della commissione artistica del cimitero del Comune di Milano. Venezia lo vede di nuovo presente nel 1934 e nel 1938 e la Quadriennale di Roma nel 1935. In quegli anni partecipò alla decorazione di grandi opere pubbliche milanesi come il palazzo di Giustizia di M. Piacentini, nel quale furono coinvolti numerosi artisti e per il quale eseguì il bassorilievo La condanna di Caino (1936-39). Nel 1938-39 eseguì inoltre, per il duomo di Milano, le statue in marmo di S. Michele per una guglia e di S. Bernardo all’interno. Trasferitosi a Milano in via Solferino nel 1939 si spostò successivamente a Mergozzo, allora provincia di Novara, oggi di Verbania, nel 1943, poiché l’abitazione e lo studio furono colpiti dai bombardamenti. Nel dopoguerra si dedicò sempre di più a opere di arte sacra e si interessò alla scultura in legno. Nel 1954-55, per il centenario della morte di A. Rosmini, eseguì dodici formelle in bronzo per il portale della collegiata di Domodossola, con episodi ispirati al magistero rosminiano, e le statue in travertino dei ss. Gervasio e Protasio per la rinnovata facciata dello stesso edificio. Dopo 32 anni ininterrotti, nel 1959 lasciò l’insegnamento all’Accademia di Brera e si ritirò a Mergozzo. Inaugurò e diresse per quattro anni la Scuola dei Marmisti del Duomo di Milano, alla cava di marmo di Candoglia. Del 1960 è l’altorilievo in cotto con il Battesimo di Cristo posto sopra il portale d’ingresso della chiesa di S. Giovanni Battista a Melegnano. Costruì in marmo rosa e in granito una Cappella, dedicata alla Madonna del viandante, sulla strada Mergozzo-Fondo Toce, e nel 1966 scolpì la grande statua di San Gaudenzio, in granito bianco del Montorfano (una frazione del Comune di Mergozzo), che fu collocata su una parete di quella cava. Dal 1967 al 1969 insegnò educazione artistica all’istituto Bellini di Candoglia. Nel 1969 ammalatosi, si trasferì a Melegnano, dove morì il 29 luglio 1971. La città lo ricorda dedicandogli i Giardini del Castello, mentre nella sala degli stemmi è presente un museo con sue opere lasciate alla Città di Melegnano dagli eredi.

CASTELLO VISCONTEO MEDICEO
Il Castello è uno dei monumenti più significativi del tardo medioevo melegnanese e lombardo. La massiccia costruzione rimane il ricordo e il simbolo dell’epoca viscontea. Ha una pianta quadrilatera a forma di U. In origine sembra presentasse pianta quadrilatera con quattro torri con all’interno un ampio cortile. Il “receptum” edificato nel 1243 è stato ampliato da Matteo I Visconti e con Bernabò assunse la tipica struttura a quadrilatero con alte torri angolari. Nel 1512 il castello passò al marchese Brivio e nel 1532 a Gian Giacomo Medici della famiglia di Nosigia di Milano, trasformando il borgo di Melegnano in marchesato. Nei lunghi anni di oblio il castello troverà modo di vivere con la città ospitando il Comune e la Civica biblioteca. Nel 1981 i Medici vendettero il castello alla Provincia di Milano, che due anni più tardi, con una permuta, lasciò alcune sale all’Amministrazione comunale di Melegnano. Nel 1998 iniziò il restauro dapprima delle aree circostanti e poi delle sale, con gli affreschi realizzati nella metà del XVI secolo. La riapertura dell’edificio avvenne nell’ottobre del 2001 e in occasione della Fiera del Perdono successiva fu inaugurata la civica raccolta intitolata a Don Cesare Amelli (1924-2002). Nel corso degli ultimi anni ha ospitato eventi, concerti e mostre di particolare significato quali: L’Arte del Kimono; Art Gallery Leonardo Forever; Esposizione dei Graffiti di Oreste Nannetti; Gran Galà del Belcanto; Milano Photofestival 2020; E lucevan le Stelle; Musica per le feste dei poveri e dei re della Rossignol; Le Signore in Castello; Conferenza Il Teatro Araldico; Alicia, una mujer un sueno; Giornate FAI di primavera 2019; Giornate FAI di autunno 2020; Luogo del Cuore FAI 2003, 2010, 2012, 2014, 2016, 2018. Sono possibili visite guidate tramite organizzazione Pro Loco Melegnano.

Fonte: Comunicazione – Comune di Melegnano

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