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Totem Trump: spiegazione psicanalitica (junghiana) al ritorno dei leader e del nazionalismo

10 Aprile 2017 by AA.VV. - .

Che sta succedendo alla democrazia ? Come ci stiamo riducendo ? E’ per questo che i nostri nonni sono morti da partigiani : per vederci imbrigliati in una nuova alba del  nazionalismo personalistico?
E’ molto difficile spiegare perchè negli Stati Uniti sia stato eletto un personaggio che all’accusa di Hillary Clinton, nel primo dibattito presidenziale : ‘non hai pagato seicento milioni di tasse federali’ rispose : ‘That makes me smart’, più o meno : ‘questo dimostra che sono intelligente/furbo’.
Il paradosso della politica delle democrazie occidentali moderne, cioè l’ esercizio dei votanti volto a negarle, ha ragioni profonde. Il fenomeno non è di sicuro riducibile alla teoria per cui il ‘popolo’ non ne potrebbe più dell’élite e del lobbismo, proprio perchè spesso, da Trump a Putin, i leader ne sono la massima espressione. E’ pur vero che Putin potrebbe non essere considerato un grande esempio di democrazia. Perchè dunque il popolo dovrebbe obliare messaggi prepotenti che suonano come :’ io sono miliardario ma non intendo pagare le tue cure in caso di malattia o la scuola ai tuoi figli’ per privilegiare frasi fatte ?
In questo articolo cerco di esporre una teoria calzante formulata da uno dei fondatori della psicanalisi, Carl Gustav Jung, psichiatra svizzero che fu allievo di Freud, ed usarla per dare una spiegazione plausibile a ciò che sta accadendo nella democrazia.
Di governi autocratici incoronati dagli elettori Jung se ne intendeva. Visse in Germania nell’epoca nazista, e rimase una figura istituzionale per tutta la durata del regime. Per non averne preso pubblicamente le distanze, allineandosi di fatto ad una nazione intera, è ricordato da qualcuno come un filonazista. Tuttavia Jung, che da studioso di etnologia, religione, mitologia e amante della diversità viaggiò in in tutto il mondo, non fornì una spiegazione lusinghiera dell’ascesa del nazismo. Si limitò a non giudicare moralmente e ad osservare l’accaduto assimilandolo ad una patologia psichiatrica.

Lo psichiatra, psicoanalista e antropologo svizzero Carl Gustav Jung, fondatore della “psicologia analitica” o “psicologia del profondo”

Jung fu il primo a parlare di inconscio collettivo, pubblicizzando una versione della sfera istintuale, rigorosamente non confinata alla sessualità come voleva Freud, che proprio Freud aveva pensato essere esclusivamente individuale. Il mito, ‘sogno collettivo dell’umanità’, ne veicola il contenuto simbolico proprio come il sogno, freudianamente, fa con l’inconscio personale. Il mito, in qualsivoglia cultura ed epoca, parla per parabole di figure polari che sono la personificazione di immagini interiori preconcette (nell’inconscio collettivo, appunto), dette archetipi. Dunque esiste l’archetipo di bello, di buono, di cattivo… e la mitologia è un vangelo del contrasto eterno tra le polarità, ideali ed esemplari, bianco e nero, che nella vita reale si palesano in una complessa gradazione di grigi. Perciò nessuno di noi può dirsi al 100% coraggioso o al 100% codardo, né saggio o stolto, né eterosessuale od omosessuale… Per proiezione tendiamo a vivere esteriormente ciò che non possiamo vivere interiormente, poiché il nostro tipo psicologico, la nostra personalità, ha assunto una configurazione specifica in una tonalità di grigio. Gli opposti si attraggono, no ?
Come ciò si inscriva nella logica (perversa) di una Germania svuotata della sua autorevolezza e della sua bellicosità nel post-Prima Guerra Mondiale viene da sé. La radice pagana marziale imbalordita dal Cristianesimo, archetipizzata nel Dio Votan, ebbe la sua manifestazione nel delirio (psicotico) nazista. Come tutte le psicosi fu caratterizzato da un distacco dal reale che interessò una società intera. Un sonno della ragione indubbiamente patologico, che non a caso porto con sé l’epifenomeno parareligioso del culto della personalità. Tale sintomo-simbolo fu una costante logica conseguenza dell’idea più massificatrice della storia, la dottrina di classe di Marx. Se l’individualità in una società viene meno, quella stessa società tenderà a viverla – collettivamente – per proiezione in un leader carismatico, potenzialmente senza qualità ma con la caratteristica di una personalità apparentemente forte e peculiare.
La spiegazione di Jung faceva anche riferimento all’estirpazione della spiritualità, che è veicolata essenzialmente dalla religione ora e oggi, ad opera del materialismo moderno e nondimeno del nichilismo. Nietzsche disse ‘Dio è morto’, ma la dimensione spirituale non può e non deve per Jung essere alienata dall’uomo, pena il trasferimento di quel sentimento in un oggetto feticcio, ad esempio il leader. Se il totem è un simulacro della manifestazione spirituale, la coincidenza tra il leader e l’oggetto di culto è un sintomo di malattia. Come sintomo tuttavia, in un’ottica teleologica-finalista, diviene espressione criptica della volontà di cambiamento. Paradossalmente Brexit, Trump e le destre xenofobe nazionaliste sarebbero vettori antitetici di guarigione. Cosa spinge il mondo ad adorarli, rinnegando la capacità di autodeterminazione ?
A prima vista si potrebbe dire che il capitalismo è una forza massificatrice. Ma questo è per me inesatto, frutto di uno sterile complottismo pseudosocialista. Il liberismo è il più forte incentivo all’affermazione di sé, poiché con un idea si può cambiare il mondo e diventare milionari, per quanto il mercato possa presentare molte barriere – sormontabili – oligarchiche.
La cultura è, a mio avviso, la chiave.
L’istruzione è ora più che mai accessibile : se non vi piace l’educazione pubblica e credete che quella privata sia elitaria, in rete e nelle biblioteche si trova tutto ciò di cui si ha bisogno. Quello che non va potrebbe essere la disomogeneità dell’accesso. Un leader che sarebbe stato eventualmente portavoce di ricchi, ed istruiti, conservatori è diventato il totem che rappresenta ciò che una porzione di popolazione meno scolarizzata non può vivere facilmente, l’affermazione di sé nel sistema socio-economico. Non a caso nella distribuzione del voto americano si ha una netta prevalenza democratica in ambienti a più alto livello di istruzione. E questo, almeno in parte, potrebbe spiegare prese di posizione perniciose dell’elettorato a dispetto dell’evidenza del danno.
Va altresì detto che non necessariamente una cosa che fa male in apparenza farà male davvero, e che non c’è teoria che si possa dire esauriente e completa.
Il ripresentarsi dei nazionalismi personalistici pone molti interrogativi a cui non si può dare risposta certa. E poi c’è speranza per tutti, anche per il nostro inconscio. Parafrasando una famosa citazione del genio, che a questo punto si starà certamente rivoltando nella tomba, l’uomo che non è passato dall’inferno non l’ha superato.

Fabio Villa
Nato a Monza nel 1986 e si è laureato in medicina col massimo dei voti presso l’Università Vita-Salute San Raffaele.
Durante gli studi si dedica ad attività di volontariato in Italia ed all’estero (India, Nepal, Mali, Rwanda, Brasile, Cambogia).
Dopo tre anni di formazione chirurgica nel dominio cardiovascolare, ed un master in economia che l’ha portato in università quali Harvard e Fletcher, si è trasferito a Ginevra, ove si dedica all’esercizio della Psichiatria e Psicoterapia ed in parallelo a svariati progetti.
Vanta prestigiose pubblicazioni sulle più autorevoli riviste scientifiche, tra cui The New England Journal of Medicine.
Si dedica inoltre alla filosofia delle scienze ed alla storia delle religioni. Nell’aprile 2014 pubblica il libro Il Placebo. Viaggio nell’Idea di Dio (Aracne) nella collana Atene e Gerusalemme diretta da Giuseppe Girgenti, professore di Filosofia Antica ed allievo di Giovanni Reale.

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