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A che punto è la notte?

24 Gennaio 2019 by Roberto Bernardini -

In Italia è tempo di cambiamenti. L’attuale governo “giallo-verde”, detto “del cambiamento”, ce la sta mettendo proprio tutta per scardinare il passato, pur non avendo nel cassetto grandi proposte per il presente e per il futuro del Paese. Per ora solo provvedimenti immediati e finalizzati alla ricerca di consenso in vista delle prossime elezioni europee.

Col passare dei mesi, il disegno politico ma anche il modello sociale del Movimento Cinque Stelle (M5S), partito di maggioranza con la Lega, comincia però ad evidenziarsi nella sua reale progettualità. Appena applicato ha già prodotto alcune negative conseguenze sulla realtà personale di fasce consistenti e altamente rappresentative di cittadini.

Ma chi realmente tira le fila nella parte “gialla” della maggioranza? Attenzione. Non è verosimile che questo gruppo di giovani, molti dei quali a bassa o approssimativa scolarizzazione – quasi tutti compresi i vertici senza alcuna riconosciuta professionalità politica o lavorativa – abbia partorito, in autonomia, un disegno complesso come quello che giorno dopo giorno si sta evidenziando. Dietro c’è qualcuno che persegue scopi magari di destabilizzazione? Con chiarezza, purtroppo, questo disegno mostra la sua natura se non potenzialmente eversiva, sicuramente distruttiva del presente assetto sociale nazionale. E questa volontà va forse attribuita a qualcuno ben più “attrezzato” rispetto alla giovanile incapacità dei membri del Movimento? C’è in molti analisti il sospetto, più di un sospetto, che altri decidano per loro.

Aderendo alla quota 100 professionisti, manager e quadri non possono continuare la propria attività altamente professionalizzata neppure come autonomi per 5 anni. Pensionati forzatamente in vacanza e professionalità buttate al vento?

Limitando qui l’attenzione solo ad alcuni recenti provvedimenti governativi, quelli in materia pensionistica, ci si rende conto che questo cambiamento rischia di portare a una società dove i profitti e le risorse di chi continuerà comunque a lavorare e ad intraprendere potrebbero essere, all’occorrenza, espropriati in forza di strumenti giuridico – amministrativi ad hoc predisposti.

Hanno cominciato con i tagli ai vitalizi dei parlamentari, ritenuti privilegi illegittimi non coperti da contributi previdenziali, dimenticando volutamente che ab origine essi erano stati istituiti come riconoscimenti premiali per il servizio prestato alla Nazione. Non erano pensioni come è stato fatto credere ai cittadini.

Si è poi continuato con le cosiddette pensioni d’oro, taglieggiando i pensionati più facoltosi, colpevoli solo di aver legittimamente fatto carriera con il loro duro lavoro e con l’impegno, percependo a norma di legge meritate retribuzioni e conseguenti trattamenti pensionistici più elevati di quelli del semplice operaio o impiegato.

Hanno poi decretato il sostanziale blocco della rivalutazione degli assegni per la gran parte dei 16 milioni di pensionati italiani.

Per ora questo, ed è già molto. Ma lo strumento normativo è oramai predisposto. Potrà essere usato anche per futuri interventi riduttivi altrettanto lesivi che potranno riguardare pure i cittadini con assegni meno consistenti sia da lavoro che da pensione.

Tutte misure gravate da possibile incostituzionalità che sono percepite da chi le subisce come violenza sociale e che contribuiscono a creare un clima di divisione tra i cittadini, a metterli gli uni contro gli altri in una sorta di rivalità permanente tra categorie e, si diceva una volta, classi.

Rendiamoci conto che in questi frangenti il pericolo di sconvolgimento del clima sociale in Italia è concreto. E questo è molto grave.

Una larga parte dei cittadini non approva il modello sociale che si sta delineando e vive una situazione di grande disagio e di perdita di fiducia nello Stato. D’altro canto, uno Stato che si dota di leggi che sconvolgono le certezze e la serenità dei cittadini, che rompe il patto d’onore e di impegno siglato con i suoi cittadini migliori – quelli che hanno accettato di servirlo in ogni dove nel pubblico e nel privato – non può più essere considerato attendibile.

Chi ha votato per il M5S in passato, con l’istituzione del Reddito di Cittadinanza (RdC) pensa forse di aver avuto qualcosa, ma soprattutto di poter finalmente soddisfare il livore del confronto economico con gli altri che l’aveva visto sempre perdente. Ma proprio tutti gli altri – e sono la maggioranza, cittadini senza rancore e rispettosi da sempre delle leggi – si sentono penalizzati. Vivono infatti quotidianamente sulla propria pelle le preoccupanti conseguenze di questo modo inusuale e approssimativo di governare il Paese.

E gli altri partiti? Il Partito Democratico, (forza di sinistra, centro sinistra, forse tra poco neo-democristiana? chissà!) unica compagine politica di consistenza sufficiente a contrastare in qualche modo la maggioranza giallo-verde, non trova il coraggio di intervenire, anche con l’attuale 17% nei sondaggi, in modo chiaro e strutturato. Sembra che abbia paura di esporsi con i cittadini elettori. Paura di cosa? Di scomparire? Certo continuando così gli succederà di sicuro.

Forza produttiva. Operai al lavoro in un cantiere.

La destra di governo arroccata su questioni marginali, che vanno dal blocco navale alla Libia alla lotta contro le ONG, si fa passare sotto il naso provvedimenti destabilizzanti (reddito di cittadinanza mal strutturato e di fatto inapplicabile), contenta della mini flat-tax del 15 % per le partite IVA fino a 65-100.000 euro. Dimenticando che gli operai elettori con stipendi da 25.000 euro annui continueranno a pagare il 26,27,28%.

Quelli della Lega si dichiarano soddisfatti anche della quota 100 per le nuove pensioni, come se tutti i potenziali pensionati fossero contenti di andarsene a casa prima del tempo e penalizzati. E’ appena il caso di ricordare che se chiedi la quota 100, non potrai svolgere attività professionale per 5 anni. Ed allora chiediamoci: quale medico, quale dirigente o quadro, quale impiegato o operaio in possesso di una professionalità richiesta sul mercato del lavoro vero, per esempio, se ne andrebbe a casa anticipatamente senza poter mettere su uno studio o lavorare ancora, vista la giovane età? 

Un affermato professionista dipendente fermerebbe la sua attività professionale per aderire a quota 100?

Onestamente non si capisce bene la ratio. E poi anche un impiegato, quello al catasto sempre per esempio, che se ne va in quota 100, va via per andare a pescare i lucci al fiume? Chi ha un lavoro non usurante e di qualche soddisfazione non va certo in pensione.

Provvedimento quindi per pochi, il cui impatto elettorale è stato forse sopravvalutato. Nessun significativo esito di tutto questo nemmeno sui posti di lavoro che non aumenteranno certo con il RdC e che comunque non potranno essere assegnati, almeno quelli pubblici, con automatismi di uscita e di entrata. Vanno infatti regolati con concorsi che ancora non sono stati indetti ne finanziati e che comunque richiedono tempo.

Senza dimenticare infine Forza Italia che dal canto suo arranca guidata dal fondatore ridisceso in campo. Vedremo presto con quali risultati. Tutti gli altri partitini sono ininfluenti.

In una parola, c’è veramente da chiedersi “a che punto è la notte?” perché non si vede alcuna luce.

Archiviato in:Anno V - n.46 / Gennaio 2019, Politica GeoPolitica Economia Sviluppo sostenibile Lavoro Contrassegnato con: Associazione Historia, Difesa, Esercito Italiano, EULEX, Farecultura, Forze Terrestri, Generale di Corpo d'Armata, Geopolitica, Giuseppe Torregrossa, K-FORCE, NATO, Nazioni Unite, Partnership for Peace, Prima Pagina, SIOI, Stato Maggiore, Stato Maggiore Difesa, Stato Maggiore Esercito, Torgius, Torgius Editore, Torregrossa, UNMIK

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