
Le imprese che hanno scelto il percorso della sostenibilità economica, sociale e ambientale stanno dimostrando di essere più solide e resilienti a fronte di condizioni avverse, e quindi più capaci di produrre nel tempo profitto e vantaggi per i soci, per i lavoratori e per la comunità. E si stanno consolidando nuovi paradigmi e modelli di fare impresa per far convivere nel business profit e non profit. Un esempio sono le Società Benefit, un ambizioso e lodevole modello di sviluppo alternativo. Ma è tutto oro quello che luccica?
La correlazione tra sostenibilità e resilienza è dimostrata ormai da numerosi studi e ricerche, molti dei quali attribuiscono alla sostenibilità persino una capacità predittiva sulla solidità di un’impresa nel tempo, anche grazie al fatto che riescono ad attrarre più talenti. Le aziende sostenibili sono quindi quelle che, con maggiori probabilità, dovrebbero sopravvivere nel tempo.

Tantissime aziende italiane stanno adottando strategie e percorsi di sostenibilità, assumendosi, per esempio, l’impegno di limitare e migliorare il loro impatto ambientale attraverso interventi di riqualificazione energetica; o di adottare politiche di gestione del personale improntate alla conciliazione tra vita lavorativa e privata, al contenimento del conflitto e all’inclusione delle persone. Obiettivi quindi di medio periodo, misurabili e che consentano di essere più sostenibili pur continuando a generare profitti.
E tra le numerose imprese che stanno cercando un modello economico alternativo alla vecchia concezione di impresa orientata solo al profitto, la soluzione innovativa (ibrida secondo alcuni) delle Società Benefit è meritevole di approfondimento.
Introdotte in Italia nel 2016 – primo stato al mondo dopo gli USA – le Società Benefit sono un tipo di società che opera per conseguire un profitto e, contestualmente, si impegna formalmente per il bene comune: secondo la Legge 208/2016 devono “nell’esercizio di una attività economica, oltre allo scopo di dividerne gli utili, perseguire una o più finalità di beneficio comune e operano in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti di persone, comunità, territori e ambiente, beni ed attività culturali e sociali, enti e associazioni ed altri portatori di interesse”. Chiaramente “le finalità di beneficio comune sono perseguite mediante una gestione volta al bilanciamento con l’interesse dei soci e con l’interesse di coloro sui quali l’attività sociale possa avere un impatto”.

Concretamente, la società benefit èuna società commerciale che deve indicare nello statuto “le finalità specifiche di beneficio comune che intende perseguire”, inteso come effetti positivi, o la riduzione degli effetti negativi, su una o più delle categorie di portatori di interesse, senza che vi siano agevolazioni fiscali. Questo beneficio può essere connesso all’attività principale realizzata dall’impresa, oppure può essere un interesse generico, per es. il miglioramento della vita dei propri stakeholder, il sostegno alle associazioni del territorio o la conservazione del patrimonio culturale e naturale del territorio. Molte società benefit indicano anche una percentuale di utile da destinare a queste finalità.
Infine, l’azienda può essere di nuova costituzione oppure può “trasformarsi” in società benefit modificando lo statuto.
L’impegno formale statutario garantisce a soci, dipendenti, comunità e a tutti i portatori di interessi in genere, la certezza che l’azienda mantenga la responsabilità di perseguire la sua missione statutaria nel futuro, perché è obbligata a perseguire lo scopo “benefit” se non vuole incorrere in sanzioni (diverso quindi dalle semplici liberalità che spesso vengono elargite ad associazioni di volontariato). Ed ha anche l’obbligo di una rendicontazione annuale sul perseguimento dell’obiettivo e sull’impatto generato.

Per concludere la disamina normativa, le Società Benefit sono diverse dalle organizzazioni non profit, perché mantengono comunque lo scopo di lucro. E sono diverse anche dalle B-Corp ® – acronimo di Benefit Corporation, che hanno ottenuto l’omonima certificazione della performance di sostenibilità ambientale e sociale. È possibile che una società benefit sia anche una B-Corp certificata. Viceversa, è altrettanto possibile che una B-Corp non sia una società benefit, anche se ha il vincolo di trasformarsi in società benefit dopo un certo numero di anni.
Questa grande e crescente attenzione delle aziende alla sostenibilità e all’adozione dei principi delle Società Benefit, è un interesse genuino oppure è solo uno strumento per distinguersi sul mercato (producendo comunque esternalità positive), o, peggio, è uno slogan di facciata per continuare a portare avanti attività con un impatto ambientale o sociale negativo?

La domanda è legittima, basti pensare ai numerosi casi di pubblicità ingannevole in ambito ambientale con prodotti e servizi spacciati come green, responsabili e sostenibili senza effettivamente misurarli, in alcuni casi addirittura perché provocano danni. Casi così numerosi che è stato coniato il termine “greenwashing”, al quale si aggiungono le recenti varianti del social-washing e del pink-washing (finta attenzione alla parità di genere).
E la risposta si trova nel fatto che diventare Società Benefit è una scelta, è un investimento sulla reputazione, che comporta da parte dell’azienda l’obbligo di pianificare delle azioni per perseguire il beneficio comune e di misurare l’impatto secondo standard riconosciuti. E di nominare dei responsabili “cui affidare funzioni e compiti volti al perseguimento delle finalità di beneficio comune”. Ancora, l’obbligo di trasparenza si concretizza nella relazione annuale, redatta secondo precise modalità, allegata al bilancio e pubblicata sul sito internet istituzionale, proprio per rafforzare la trasparenza dell’operato dell’impresa.
E infine è bene ricordare che chiunque sia interessato ha la possibilità di leggere la relazione e farsi una propria idea, premiando o punendo con i nostri acquisti le aziende che riteniamo meritevoli o biasimevoli. Tutti i consumatori sono attori del mercato, e ci si aspetta che il mercato nel lungo periodo premi le vere società sostenibili.