All’interno della programmazione del Festival “La Francia in Scena”, promosso e organizzato da Institut Français Italia, Fondazione Nuovi Mecenati e Ambasciata di Francia in Italia, Teatro Libero proporrà l’ultima creazione di Bintou Dembélé, S/T/R/A/T/E/S, che è arrivato per la prima volta in Italia, giovedì 15 novembre alle 21.15 (repliche sino a sabato 17 novembre). Una produzione della Compagnia Rualité di Parigi, con Bintou Dembélé e Anne-Marie Van (Nash), musica di Charles Amblard, che sarà presentato a Palermo dopo aver partecipato al festival di Avignon e aver toccato diverse tappe, da Santiago alla Macedonia, a Stoccolma, in lunga tournée internazionale.
S/T/R/A/T/E/S è uno spettacolo che evoca mancanze e difetti di una storia frammentata, come suggerisce il titolo, attraverso danza hip hop, krump e improvvisazioni jazz, blues e polifonie d’ispirazione africana. «Tramite il gesto creativo – spiega la coreografa e interprete Bintou Dembélé – diamo corpo ai fantasmi di un ingombrante passato fatto di ferro e sangue attraverso il prisma della storia coloniale e post-coloniale francese. Il corpo evoca mancanze e ferite – prosegue la danzatrice – dalla trasmissione di ricordi, anche i più dolorosi al femminismo, all’etichetta di “selvaggio”: una memoria frazionata, frantumata, o semplicemente la storia di ciascuno. Sono i corpi, memoria del vissuto storico, che si pongono tra ieri e oggi per colmare le lacune del nostro passato».
La creazione indaga e riflette su quello che successe negli anni della tratta e della schiavitù, quando l’Europa inventò il negro, un essere umano che compra, commercia, vende legalmente e con il sudore di cui costruisce le sue ricchezze. In questo nuovo mondo, essere bianchi diventa associato alla bellezza, ai diritti naturali, alla libertà; l’essere neri alla servitù, alla bruttezza, all’ignoranza. L’abolizione della tratta degli schiavi e della schiavitù non pone fine a questa divisione del mondo. Al contrario, diventa uno spettacolo, oggetto di esposizione, di mostra. Libri illustrati, cartoline, film, spettacoli mostrano il selvaggio, mostruoso doppio del “civilizzato”.
Respiri, il rumore dei passi, improvvisazioni jazz, blues e polifonie d’ispirazione africana fanno risuonare la violenza delle tensioni e intenzioni dando inizio a gesti d’infinita delicatezza che la coreografa usa per evocare le sue ferite, tra memoria, passato e presente mettendo in discussione le costruzioni contemporanee del “selvaggio”, un corpo usa e getta, una vita che non conta.
Fonte: Ufficio Stampa Teatro Libero Palermo