“Un giorno, nella piazza sotto casa, su una panchina, vedo un bimbo con un sillabario. Sbircio e leggo: l’erba è verde. Mi parve una frase molto bella e poetica nella sua semplicità ma anche nella sua logica. C’era la vita in quell’erba è verde, l’essenzialità della vita e anche della poesia […] poiché vedevo intorno a me molti adulti ridotti a bambini, pensai che essi avevano scordato che l’erba è verde, che i sentimenti dell’uomo sono eterni e che le ideologie passano. Gli uomini d’oggi secondo me hanno più bisogno di sentimenti che di ideologie. Ecco la ragione intima del sillabario”. Goffredo Parise
I Sillabari sono 54 brevi racconti considerati il vero capolavoro di Goffredo Parise, giornalista e scrittore tra i più influenti dell’Italia del Novecento. Scritti tra il 1972 e il 1982 in piena contestazione ideologica, nascono dall’esigenza di utilizzare “parole semplici”, in direzione contraria all’uso che le nuove correnti letterarie facevano di un linguaggio spesso oscuro. Sono piccole storie di gente comune che diventano una riflessione sull’esistenza, poesie in prosa sui sentimenti da cui emerge una sorta di riscoperta dei valori più autentici. Nel progetto iniziale avrebbero dovuto arrivare fino alla Z, ma si fermarono alla S.
“Amore, Ingenuità, Poesia, Sogno…(Sillabari)”, lo spettacolo ideato da Roberto Traverso e Lorenzo Loris, si ispira alla sua opera incompiuta. Prodotto da Teatro Out Off in collaborazione con Teatro Palladium – Università degli studi Roma Tre, è in scena al Palladium da venerdì 11 a domenica 13 gennaio (il venerdì e il sabato alle ore 20,30; domenica alle ore 18). Con Edoardo Siravo, Stefania Barca e Monica Bonomi, lo spettacolo pone al centro lo scrittore in una sorta di dialogo-confronto con sé stesso, dove i personaggi dei racconti gli fanno da specchio confrontandosi con la sua pigrizia, il suo ozio, il suo essere ostinatamente contro i tempi che cambiano, rivolto a un mondo che non c’è più e che non può più tornare.
In questa trasposizione la storia si svolge in una sola giornata in cui la neve cade incessantemente e si fa sempre più fitta, fino a sommergere il protagonista. Il tema del tempo che passa e non ritorna è uno dei filoni principali dello spettacolo: oggetto delle osservazioni di Parise sono il tempo atmosferico che mutando influenza i cambiamenti dell’animo umano, ma anche l’attimo che fugge, il tic tac dell’orologio che permette di avvertire il fluire del tempo.
“Quello de I Sillabari è un mondo di malinconia e di profondo dolore”: spiega il regista Lorenzo Loris. “Ma allo stesso tempo sono in realtà dei racconti comici e divertenti. Lo dico perché c’è una nota dolorosa che non traspare in maniera evidente, ma che accompagna la scrittura di Parise, perché in quel periodo scoprì di essere gravemente malato. I suoi racconti però sono scritti con grande leggerezza, con lo stupore e il candore che possono avere i bambini”.
Nella sua attività di scrittore e giornalista, svoltasi in gran parte al Corriere della Sera, Goffredo Parise ha fatto emergere con magistrale raffinatezza le contraddizioni e le aberrazioni sociali del proprio tempo che risuonano ancora oggi come monito ed esempio per noi contemporanei. È riuscito ad accompagnarci, come un grande intellettuale dovrebbe fare, attraverso i fatti storici della sua epoca: la guerra del Vietnam, la dittatura cilena, Le BR, la contrapposizione ideologica tra destra e sinistra. È riuscito con la sua analisi, spesso super partes, a farceli meglio comprendere in modo che ci possano servire d’esempio per il nostro futuro.
Lo spettacolo sarà articolato in quattro capitoli (amore, ingenuità, poesia, sogno) e ciascun capitolo, seppur autonomo, sarà legato dal filo rosso della presenza dello scrittore che ci condurrà dentro il suo mondo poetico.
Nell’introduzione alla pubblicazione Parise scrisse: “Nella vita gli uomini fanno dei programmi perché sanno che, una volta scomparso l’autore, essi possono essere continuati da altri. In poesia è impossibile, non ci sono eredi. Così è toccato a me con questo libro: 12 anni fa giurai a me stesso, preso dalla mano della poesia, di scrivere tanti racconti sui sentimenti umani, così labili, partendo dalla A e arrivando alla Z. Sono poesie in prosa. Ma alla S, nonostante i programmi, la poesia mi ha abbandonato. E a questa lettera ho dovuto fermarmi. La poesia va e viene, vive e muore quando vuole lei, non quando vogliamo noi e non ha discendenti. Mi dispiace ma è così. Un poco come la vita, soprattutto come l’amore”.
Fonte: GDG press