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Lucca: “Bernardo Bellotto 1740. Viaggio in Toscana”, al Complesso monumentale di San Micheletto

10 Ottobre 2019 by Redazione Farecultura -

La mostra dell’autunno della Fondazione Ragghianti di Lucca, dedicata all’eccelso pittore veneziano Bernardo Bellotto (1722-1780), nipote di Canaletto, è al contempo un grande evento espositivo e una mostra di studio, presentandosi come un’occasione unica per ammirare alcune opere preziosissime e rare mai viste insieme, tra cui il più importante dipinto della storia avente come soggetto la città di Lucca, capolavoro di Bellotto, e cinque suoi disegni, sempre di soggetto lucchese, prestati straordinariamente dalla British Library. Un nuovo raggiungimento significativo per l’istituzione lucchese diretta da Paolo Bolpagni e presieduta da Alberto Fontana, che sta offrendo una programmazione sempre più ricca e originale nel panorama italiano.

Bernardo Bellotto. Piazza San Martino con la Cattedrale. Lucca 1740. Penna e inchiostro bruno, 25,3×36,8 cm. Londra, British Library

La mostra, realizzata con il sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca e grazie al supporto di Banco BPM come main partner, vuole illustrare il viaggio di Bernardo Bellotto in Toscana, uno dei temi più affascinanti del vedutismo settecentesco. L’artista ricevette la propria formazione nello studio di Canaletto quando quest’ultimo era al culmine della sua fama, alla fine degli anni Trenta del Settecento. Bellotto assorbì i modelli e le tecniche compositive dello zio con una capacità di emulazione tale da ingannare gli stessi contemporanei. L’eredità del maestro è alla base di tutta la sua opera, ma non appena il giovane Bellotto iniziò a viaggiare fuori da Venezia – e il soggiorno in Toscana è il primo e fondamentale a questo riguardo – sviluppò il proprio stile espressivo in maniera originale, accentuando il rigore prospettico e il realismo della rappresentazione.

Bernardo Bellotto. Santa Maria Forisportam. Lucca 1740. Penna e inchiostro bruno su traccia di matita, 23,5 x 37,1 cm. Londra, British Library

I più recenti studi archivistici hanno permesso di datare questo viaggio di Bellotto al 1740, due anni prima rispetto a quanto si ritenesse, evidenziandone così l’importanza come manifesto della precocità dell’artista, allora diciottenne. La documentazione riscoperta consente anche di vedere in lui il pioniere della pittura di veduta a Firenze e a Lucca, al servizio dell’aristocrazia toscana.

“Una concorrenza di idee coraggiose e brillanti – spiega Bożena Anna Kowalczyk, curatore della mostra, tra i maggiori studiosi di Canaletto e Bellotto – è all’origine del viaggio di Bellotto a Firenze nel 1740. La prima, e fondamentale, è quella architettata dal marchese Andrea Gerini (1692-1766) con il conoscitore e antiquario veneziano Anton Maria Zanetti di Girolamo (1680-1767), suo amico e consigliere, di dare vita al vedutismo fiorentino. La seconda è quella di conferire al nascente vedutismo fiorentino del Settecento la modernità illuminista di Canaletto, invitando a Firenze il suo nipote e allievo Bernardo Bellotto, come maestro di prospettiva e tecnica pittorica, riconoscendone, benché giovanissimo, il genio”.

Bernardo Bellotto. Piazza della Signoria, Firenze 1740.
Olio su tela, 61 x 90 cm. Budapest, Szépmúvészeti Múzeum

Il focus di questa mostra è il nucleo di vedute di Lucca, con il dipinto che raffigura piazza San Martino proveniente dalla York City Art Gallery e i cinque disegni di diversi luoghi intorno alla cattedrale e alla chiesa di Santa Maria Forisportam eccezionalmente concessi dalla British Library. Questo gruppo di opere, mai esposte insieme – i disegni, incollati in un album del primo Ottocento già di proprietà del re Giorgio III d’Inghilterra, e poi di Giorgio IV, saranno per la prima volta staccati – fornisce una documentazione straordinaria della città di Lucca nel Settecento.

“I cinque disegni di Lucca e il dipinto Piazza San Martino con la cattedrale del museo di York – afferma il curatore Bożena Anna Kowalczyk – costituiscono l’unica documentazione nota del viaggio di Bellotto nella città toscana. La stretta vicinanza stilistica e tecnica del dipinto di Lucca alle due vedute di Firenze, eseguite con dimensioni simili, rare per l’artista, L’Arno al Tiratoio con il Ponte Vecchio e L’Arno dalla Vaga Loggia, con San Frediano in Cestello, di collezione privata – che si confermano commissionate da Gerini, eseguite dunque nell’estate 1740 –, indica una data del viaggio di poco successiva, a settembre o a ottobre di quell’anno; Piazza San Martino con la cattedrale riprende inoltre, perfezionandola, la composizione prospettica e luministica della Piazza della Signoria, Firenze, nel 1741 registrata nella collezione di Riccardi, amico strettissimo di Gerini”.

Bernardo Bellotto. L’Arno dal Ponte Vecchio fino a Santa Trinità e alla Carraia. Firenze 1740. Olio su tela, 62 x 90 cm. Budapest, Szépmúvészeti Múzeum

Bellotto dunque giunge a Lucca, probabilmente sempre grazie a Zanetti e Gerini e all’intervento di un misterioso collezionista, certamente un personaggio un nobile lucchese di dimensione europea, forse uno degli illuminati sostenitori di Pompeo Batoni, come Francesco Conti, nipote di Stefano – celebre collezionista di Canaletto e Carlevarijs – a contatto con i marchesi Gerini e Riccardi. “Certo è che Bellotto a Lucca lavora da privilegiato – spiega ancora il curatore Bożena Anna Kowalczyk –, un giovane pittore innovativo, all’avanguardia, che descrive la cattedrale e la sua struttura, al centro della curtis aeclesiae della città e, ricercando quattro punti di vista diversi, si muove liberamente tra le stanze dell’arcivescovado, sale persino sul tetto, accede al piano nobile del palazzo Bernardi e s’affaccia alla finestra della chiesa di San Giuseppe. Il solo dipinto eseguito, Piazza San Martino con la cattedrale, rimane in una collezione lucchese almeno fino ai primi anni dell’Ottocento – per apparire solo alla fine del secolo in Inghilterra –, ammirato e copiato da artisti locali, l’unica emblematica veduta della Lucca del Settecento”.

Bernardo Bellotto. L’Arno verso il ponte alla Carraia. Firenze 1743-1744. Olio su tela, 73,7 x 105,4 cm. Cambridge, Fitzwilliam Museum

Il dipinto di Lucca risulta quindi l’unica veduta dipinta a Lucca, di straordinaria bellezza e armonia, con una luce argentata che diventerà poi la cifra stilistica dell’artista. Prospetticamente ricorda le opere dello zio Canaletto, ma variano il taglio della composizione, la vivacità del tocco, le figure con le ombre allungate dai netti profili, il cielo con nuvole soffici: Bellotto crea un’atmosfera particolare e unica. Si tratta di un capolavoro assoluto, di cui non si conosce ad oggi il committente ufficiale: il curatore Bożena Anna Kowalczyk auspica dunque che, grazie alla mostra, qualche archivio privato possa fornire nuovi dati per far pienamente luce su questa vicenda.

Il rapporto di Bellotto con la Toscana è anche affettivo: il fratello Michele è un importante tipografo che da Firenze passa poi al servizio del vescovado ad Arezzo; il più giovane, Pietro, viaggia con lui ed è un promettente pittore; la madre Fiorenza, sorella di Canaletto, si trasferisce anche lei ad Arezzo.

Bernardo Bellotto. L’Arno verso il Ponte Vecchio. Firenze 1743-1744. Olio su tela, 73,3 x 105,7 cm. Cambridge, Fitzwilliam Museum

Accanto alle opere di soggetto lucchese sono inoltre presentate in mostra alcune delle vedute conosciute di Firenze realizzate da Bellotto durante e a seguito della sua visita in Toscana, come Piazza della Signoria, Firenze e L’Arno dal Ponte Vecchio fino a Santa Trinità e alla Carraia, entrambe del 1740, provenienti dal Szépmúvészeti Múzeum di Budapest; L’Arno verso il Ponte Vecchio, Firenze e L’Arno verso il ponte alla Carraia, Firenze, ambedue del 1743-1744, prestate dal Fitzwilliam Museum di Cambridge; e il disegno a penna e inchiostro Capriccio architettonico con un monumento equestre del 1764, dal Victoria & Albert Museum di Londra, che documenta la visita di Bellotto a Livorno. L’autonomia conquistata in questo primo viaggio fuori dalla città natale è alla base dei futuri sviluppi della carriera di Bellotto, al ritorno a Venezia come nei viaggi a Roma e in Italia del nord, e più tardi, a partire dal 1747, nell’Europa centrale.

Sono inoltre esposti anche altri magnifici dipinti di Luca Carlevarijs, altro vedutista tra i primi pittori veneziani collezionati dal nobile mercante Stefano Conti (1654-1739), di Giuseppe Zocchi (1717-1767), pittore di casa Gerini di cui in mostra è esposto il ritratto di Gerini e Zanetti, e di alcuni anonimi ma talentuosi artisti che, a Lucca, eseguirono copie dell’eccezionale veduta di piazza San Martino realizzata da Bellotto, a testimonianza della ricaduta che la presenza fondamentale di quest’opera ebbe in città.

Altro manufatto di grande valore e interesse per i visitatori è la camera ottica in legno, vetro e specchio usata da Canaletto e concessa in prestito dal Museo Correr di Venezia.

Il viaggio di Bellotto fu, come abbiamo visto, patrocinato dal conoscitore e antiquario veneziano Anton Maria Zanetti di Girolamo, in stretto contatto con i più importanti collezionisti toscani. Bellotto ebbe peraltro occasione di vedere a Lucca quattro magnifiche vedute di Venezia di suo zio Canaletto, commissionate nel 1725 da Stefano Conti. Questa fitta rete di relazioni artistiche, che assicurò il successo del giovane pittore, è illustrata in mostra da una serie di documenti originali dell’epoca: libri, lettere, ricevute di pagamento per commissioni di opere, provenienti dalla Biblioteca Statale di Lucca.

Per avere uno sguardo contemporaneo sul celebre quadro di Bellotto su piazza San Martino sono stati chiamati due giovani fotografi selezionati grazie alla collaborazione con il Photolux Festival di Lucca (16 novembre – 8 dicembre 2019): Jakob Ganslmeier (Monaco di Baviera, 1990) e Jacopo Valentini (Modena, 1990), ospitati “in residenza” estiva alla Fondazione Ragghianti. Alla fine del percorso della mostra sono esposti i loro lavori, realizzati negli stessi luoghi che Bellotto vide nel 1740.

L’allestimento della mostra, raccolto e prezioso, con una sala nei toni del blu di Prussia dove ammirare la splendida opera di Bellotto e i disegni della British Library, è firmato dalla nota architetta veneziana Daniela Ferretti.

Accompagna la mostra un catalogo pubblicato da Silvana Editoriale ed Edizioni Fondazione Ragghianti Studi sull’arte, a cura di Bożena Anna Kowalczyk, con saggi sull’artista e sulla sua produzione in Toscana, nuove e inedite ricerche storiche e archivistiche svolte per questa esposizione, nonché i risultati delle analisi più innovative riguardanti la tecnica e i procedimenti utilizzati da Bellotto per la realizzazione dei suoi dipinti e disegni, qui per la prima volta confrontati.

Bernardo Bellotto nasce a Venezia nel 1722, terzogenito di Lorenzo Bellotto e di Fiorenza Canal, sorella di Canaletto. Allievo dello zio fin da giovanissimo, dimostra un talento precoce come vedutista. Nel 1738 si iscrive alla corporazione dei pittori veneziani. Nel 1740 intraprende il viaggio a Firenze e Lucca, invitato dalla nobiltà toscana e probabilmente nel 1742 si reca a Roma, su suggerimento dello zio e maestro Canaletto. Un altro suo viaggio italiano importante è quello in Lombardia, dove dipinge vedute di Milano, Vaprio e Gazzada su commissione dei conti Simonetta, Perabò e dell’arcivescovo Pozzobonelli, e a Torino, dove realizza due magnifiche vedute della città per la corte sabauda. A Verona nel 1745-1745 dipinge l’Adige dal ponte Nuovo e il ponte delle Navi per un committente inglese. La prima biografia dell’artista è dovuta all’amico Pietro Guarienti, pittore veronese e ispettore della Galleria Reale di Dresda.
Bellotto si distingue dal maestro per il rigore prospettico, uno spiccato realismo e l’interesse per la resa precisa delle strutture architettoniche; le città dipinte da questo geniale allievo sono immerse in una luce argentata, le sue figure sono caratterizzate con cura e le ombre sono più scure, dai netti contorni. Nel 1747 è invitato da Augusto III, elettore di Sassonia e re di Polonia, che lo nomina un anno più tardi pittore di corte. Le vedute di Dresda, Pirna e Koenigstein, realizzate tra il 1747 e il 1758 per Augusto III e per il suo primo ministro conte Bruhl, appartengono ai capolavori della pittura europea del Settecento. Alla fine del 1758, quando in Sassonia imperversava la guerra dei sette anni, lo troviamo a Vienna con il figlio Lorenzo; qui lavora per l’imperatrice Maria Teresa d’Austria e per i principi Kaunitz e Liechtenstein. Nel 1761 è a Monaco di Baviera e all’inizio del 1762 ritorna a Dresda, trovando la sua casa, la collezione e la magnifica biblioteca distrutte dal bombardamento prussiano. I suoi mecenati, il re e il primo ministro, muoiono nel 1763, e nel clima culturale cambiato la sua pittura non trova più il successo. Nel 1764 è nominato professore di prospettiva all’Accademia delle Belle Arti, ma soltanto a Varsavia, alla corte del re Stanislao Augusto Poniatowski, dove si trasferisce nel 1767, trova il giusto riconoscimento come artista. Le ventisei vedute della città e del castello di Wilanów sono state preziose come modelli per la ricostruzione della città dopo i bombardamenti della Seconda guerra mondiale. Muore a Varsavia 17 ottobre 1780.

Fonte: Studio Lucia Crespi

Archiviato in:Anno V - n.55 / Ottobre 2019, Pittura Scultura Ceramica Disegno Fotografia, Toscana

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