E’ da anni che Antonio Chiarello raccoglie questi cimeli della devozione popolare, bandiere al vento cartonate multicolori, attaccate ad un’asta di legno, contornate di bordi cartacei a mo’ di cornici coloratissime, incollate.
Insieme ai nastri colorati che sarebbero volati in aria come gli aquiloni, se noi ragazzini non li avessimo tenuti stretti nei pugni delle piccole mani o legati con il filo al manubrio delle bici. Uno spettacolo a vedersi.
Sull’una e sull’altra faccia figure di santi, strappate dagli altari nel corso delle feste dei paesi vicini della ‘Contea di Castro’ – aggiunge Antonio. E con l’immaginazione corriamo ai tempi antichi, medievali, normanni forse e poi svevi, angioini, quando Castro contendeva il primato alla Terra d’Otranto, grosso modo la vecchia Messapia. Si invidiava chi per primo poteva esibire il ventaglio del Santo Patrono, ogni paese il suo, San Donato, San Rocco, la Madonna dell’Uragano, Alfio Filadelfio e Cirino, Filippo e Giacomo, i Santi Martiri, ecc. Era già festa l’annuncio di recarsi alla Madonna di Sanarica.
Qui giunti con il carro si faceva dapprima la visita in Chiesa e solo dopo si potevano comprare noccioline, un gelato, un giocattolo, la palla con l’elastico, o qualcosa del genere, molto semplice.
Ma prima la liturgia sacra, durante la quale i fedeli si abbandonavano a gesti di invasati così da toccare con il corpo e con le mani, baciandolo, il santo, trascinandosi sul pavimento e sperando di trarre per sé la sua benevolenza che poteva soccorrere nelle mille difficoltà della vita.
Antonella Carrozzo, sindaca di Diso, ospita la mostra nel chiostro dell’ex convento, ora sede comunale.
Don Adelino Martella, il parroco, ricorda gli aspetti devozionali parossistici nel suo libro sui ‘santi nosci’ e invita a considerare il valore di quei gesti, che ora non si comprendono più. Di tutti questi comportamenti e speranze si caricavano anche i ventagli che riproducevano i santi da una parte e dall’altra del cartoncino cosicché si potesse disporre, nelle invocazioni, di un duplice soccorso.
Salvatore Colazzo ed Eugenio Imbriani, pedagogista l’uno e demoantropologo l’altro nella Università del Salento, ripercorrono le attese dei fedeli nell’incontro con i santi, augurandosi sollievi alle loro condizioni nella risoluzione delle malattie, nella continuità del lavoro, nel favore di un’annata piovosa, nella aspettativa di un raccolto abbondante, ecc.
Un’arte che rischia di scomparire, legata com’è all’ultimo artigiano superstite, Antonio Latino di Galatina. E che Antonio Chiarello con le sue sette tavole cerca di riprodurre in limitati esemplari.
Un Salento che cerca di autodefinirsi nei suoi aspetti ancestrali, anche a fini di attrazione turistica, ma forse per ritrovare il filo della sua storia che rischia di essere irrimediabilmente smarrita e perduta.
Il vento devoto, Ventagli d’autore per Santi patroni, Storia Immagini Collezioni di un oggetto devozionale, Amaltea Edizioni, Lecce, 2016 pp. 48, € 10,00.
La mostra, dal 27 aprile al 3 maggio, è al Chiostro del Convento di Diso (LE) con orario 17,00-22,00.