La ricorrenza liturgica di san Francesco di Sales, patrono dei giornalisti, è sempre occasione di riflessione sull’uso degli strumenti di comunicazione quale servizio alle comunità cristiane e alla società.
E’ ormai acquisito che compito di tali strumenti è quello di contribuire a formare un’opinione pubblica consapevole e pronta a coinvolgersi, ad assumersi responsabilità e a suscitare la speranza.
Oggi i media sono il luogo in cui cresce e matura una nuova visione dell’uomo, una nuova cultura, e per questo vanno utilizzati in modo critico e responsabile nell’intento di leggere gli avvenimenti promuovendo il bene dell’uomo e dando voce a chi è debole e dimenticato. Tutto ciò per favorire il rapporto chiesa-media-territorio, intendendolo non come impegno per pochi addetti ai lavori ma come attività inserita nella pastorale organica. La comunicazione sociale, infatti, è una componente essenziale della nuova evangelizzazione, priorità per la chiesa italiana.
Questa ha dimostrato grande attenzione per l’attuale cultura mediatica senza perdere di vista i codici comunicativi religiosi. Da qui l’esigenza e l’invito ad istituire e valorizzare la nuova figura dell’animatore della comunicazione e della cultura. Non si tratta di competere con le grandi agenzie mediatiche, ma di essere “primizia”, vale a dire ciò che anticipa e fa avvertire il sapore.
Qualche anno fa, incontrando a Milano gli allievi della scuola di giornalismo in occasione della festa di San Francesco di Sales, il cardinale Tettamanzi li aveva esortati non a “fare” i giornalisti, ma ad “essere” giornalisti. Come? Evitando di essere sedentari di fronte ad un monitor recependo passivamente notizie di agenzia, di sottostare a pressioni economiche e politiche, di cercare il successo personale e la carriera ad ogni costo, di confondere verità con opinioni grazie alla tendenza ad omologare tutto. Per Tettamanzi cercare la verità e avere il coraggio di pubblicarla assume il tono della testimonianza ricercata con l’impegno e lo studio: “voi giornalisti non offrite semplicemente una penna, ma offrite la vostra intelligenza, il vostro modo di vedere e interpretare la realtà”.
Per concludere e come augurio ai media cattolici cito l’espressione rivolta da un predecessore di Tettamanzi, l’arcivescovo di Milano cardinal Montini, poi Papa Paolo VI, ad un gruppo di scrittori cattolici, facendo il paragone tra la Madonna che ha “incarnato” il Cristo, e gli scrittori chiamati a “incartare” il Cristo, a rivestirlo di carta per farlo conoscere al mondo. Proseguì Montini: “Incarnato e incartato si equivalgono”.
Incartare il Cristo, cioè renderlo alla portata dei lettori, illustrando le scelte e i risvolti degli eventi, è il difficile ma dinamico e avvincente compito dei giornalisti della stampa cattolica.