Che i genitori vogliano bene ai figli è un dato di fatto, che darebbero la vita per loro è nella natura delle cose, che talvolta siano ossessivi e magari invasivi con gli stessi è comprensibile anche se non sempre giustificato, che debbano però spianare loro la strada sempre e comunque a scapito della correttezza, del buon gusto e del rispetto per gli altri… beh… non sono d’accordo.
La vulgata popolare chiama “figli di papà” quei ragazzi con i genitori (non solo il papà) onnipresenti e onniscienti.
Non voglio dire che i genitori, dove possono e come possono, se richiesti, non debbano dare una mano ai figli, col consiglio, con qualche finanziamento, chiedendo lumi a qualche conoscenza autorevole. Sarebbe nel loro ruolo e nella loro natura.
Quelli che mi creano disagio, invece, sono i genitori a dir poco insopportabili che brigano in continuazione per i figli, anche a loro insaputa.
Il disagio lo si prova dopo un po’ che li si è conosciuti e…sperimentati. All’inizio si presentano bene, sono leziosi, untuosi, gentili. Quelli più brillanti ci mettono anche del proprio dato che non lesinano regalini e si offrono di pagare aperitivi e cene.
E così si sentono autorizzati ad inserirsi nella tua vita per segnalare, raccomandare, promuovere, vantare, presentare, chiedere attenzioni, cortesie, anche oltre misura, per questi benedetti figli.
Si va dalle grandi richieste, come l’aiuto per un posto di lavoro, alle piccole cortesie come procurare gratuitamente i biglietti del teatro al rampollo che deve fare bella figura con la fidanzata, o fare pressioni sul medico amico perché da qualche giorno il figlio non espleta tutte le funzioni corporali.
Due caratteristiche di questi genitori sono sicuramente l’affettazione di modi (e quella è nel carattere) e l’abbondanza di tempo a disposizione: per farsi trovare casualmente sul tuo percorso, per partecipare all’evento dove vai tu, per mandarti mail (mielose o impositive, a seconda del caso) a scadenze brevi, e wa con faccine ammiccanti.
Gentili sì ma anche fastidiosi, bisogna dirlo.
Se poi sono pensionati o con lavori di vertice poco impegnativi quanto meno dal punto di vista del tempo, è finita.
Tutte le occasioni diventano buone per tutelarli, impicciarsi (anche dei fatti tuoi), raccomandarli, segnalarli, perché loro – i figli – devono andare avanti.
Pur di raggiungere lo scopo presentano le vicende come più complesse e problematiche di quello che sono in realtà.
Il problema è che questi figli non sono nemmeno i fenomeni che i genitori ritengono e per cui li spacciano. E insistono: “Mio figlio non vuole, ma tu capisci che come padre…”. Tutto va bene, anche scavalcare scorrettamente altri aventi diritto.
Per loro tutte le occasioni sono buone: se per caso dici che conosci qualcuno, subito cercano di capire come quella tua conoscenza (magari discreta e alla lontana) possa essere utilizzata ai loro fini. Intanto tu ci metti la faccia, e loro “succhiano il rosso dell’uovo”, infischiandosene di farti fare qualche brutta figura.
Quanto bene farebbero questi genitori a sostenere sì i figli, ma con altro stile, a dedicare il loro tempo per investire in educazione e galateo, magari consigliando sugli atteggiamenti, sulla gestione del tempo libero, sulle scelte e gli approcci relazionali, sugli stimoli per lo studio, tutti modi per rendere autonomi i figli, rispettosi degli altri, capaci di vivere la loro vita e superare le difficoltà con intelligenza e impegno personale.