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Il cellulare oggi. Elementi di Galateo

27 Febbraio 2018 by Agostino Picicco -

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Se consideriamo la situazione solo di pochi anni fa ci accorgiamo di come il cellulare (e la comunicazione tramite rete) abbia dato un nuovo volto alle esperienze, alla nostra giornata e ai sistemi sociali.

Il telefono cellulare in particolare ha mutato una serie di aspetti della vita quotidiana. I cellulari hanno superato il numero dei telefoni fissi per la grande possibilità di raggiungere o essere raggiunti in qualunque punto del territorio, soprattutto quando si è fuori casa, per strada, sui mezzi pubblici, ecc., ma anche in casa ci consentono di svolgere altre mansioni camminando per le stanze con l’orecchio attaccato al tremendo strumento.

Il cellulare è passato da un uso lavorativo ad un uso quotidiano collegato anche allo svago, è diventato così un “oggetto sociale”. Oggi sulle cose da dire, più o meno urgenti o utili, prevale la voglia di sentirsi. Quasi un giocattolo che diventa telefono, agenda, diario di amicizie, passioni ed emozioni, grazie agli sms e a whatsapp, alla possibilità di collegarsi subito e di essere reperibili ovunque.

Il cellulare ha ampliato le opportunità individuali in termini di comunicazione. Rende i rapporti diretti, celeri i contatti, evita tempi di attesa, consente una relazione costante con le persone e non solo per i casi di emergenza, favorisce una “privatizzazione del contatto comunicativo” (come quando si dà il numero di cellulare solo a pochi), rende veloci una serie di azioni, garantisce forme di privacy e di controllo sociale (non ultimo il far sapere che si è connessi a whatsapp).

Ma tanta facilità e tante opportunità presentano anche inconvenienti e quindi è necessaria una regolazione sociale ispirata a opportunità, buon senso e … bon ton.
Una delle regole più evidenti è quella di spegnere il cellulare (in treno ma anche in ambienti aperti come parchi e giardini o fermate del tram) dettata non solo dal fatto che si arreca disturbo agli altri o da motivi tecnici (in aereo per motivi legati alla sicurezza del volo), ma anche per motivi di mera educazione come accade al cinema, a teatro, in ospedale, in chiesa. Talvolta ai cartelli sul divieto del fumo si associano anche quelli sul divieto di uso del telefonino.

Un caso particolare è proprio quello dei treni: un luogo ideale, per il fatto che oggi viaggiare è la norma e non un avvenimento eccezionale. La gente impiegava il tempo nella lettura, nel riposo, nella conversazione con gli occasionali compagni di viaggio, eventualmente lavorando al computer, guardando il paesaggio, prendendo appunti, ascoltando musica con l’auricolare, oppure osservando le persone. Ora tutti occupano il tempo, o lo ottimizzano, conversando al telefono, e così disturbano e mettono in imbarazzo gli altri che sono costretti ad ascoltare le telefonate di affari o di cuore del rumoroso vicino. Per fortuna oggi i viaggi si sono accorciati per via dell’alta velocità permettendo così di arrivare subito a destinazione.

Anche per strada si parla al telefono e si lavora: almeno quello era uno spazio franco per osservare e per pensare. E’ la prova che oggi non è proprio più possibile rinunciare al cellulare che, col tablet, è diventato una nostra appendice. Non si può negare che il telefonino sia una grande e geniale invenzione e una grande comodità, pronto a raggiungere chiunque in qualunque posto. Il problema, però, è che può raggiungerci ovunque siamo e qualsiasi cosa stiamo facendo. E’ uno strumento e non può rispettare la privacy di nessuno. Allora tocca a noi avere più rispetto per la nostra vita privata (e quella altrui), evitando che uno strumento pur efficace invada i nostri tempi e spazi. Occorre trovare dei tempi in cui avere il coraggio e l’abitudine di spegnerlo: durante il pranzo, le riunioni, gli incontri con gli amici, la visione di un film, il sonno, per non farsi disturbare e rinunciare alla nostra privacy.

I nostri nonni che non avevano il telefono in casa sapevano organizzarsi, avevano luoghi per incontrarsi, si attendevano. Il problema di oggi si risolve non tanto eliminando il cellulare ma educandoci ed educando i più giovani ad usarlo con criterio e buon senso per rispettare le regole del vivere sociale e quelle della tutela della quiete del singolo.

Anche perché non è vero che spegnendo il cellulare la privacy torni integra, tutt’altro, in quanto si è entrati a far parte di un sistema più ampio in cui si creano delle attese: dare il numero di cellulare implica la necessità di una risposta.
Nonostante il concetto di privacy sia stato riformulato e sottoposto a grosse limitazioni, nonostante tanti dati sensibili siano oggi facilmente reperibili, per quanto riguarda i numeri telefonici ci sono ancora delle aree protette. Infatti, se l’indirizzo mail è il contatto comunicato più volentieri e il numero di cellulare viene concesso con più parsimonia (si può cambiare e in certi contesti il cellulare si può anche spegnere per proteggersi), si è più rigorosi con il numero del telefono fisso di casa (ogni violazione potrebbe essere intesa come intrusione). Se si è tolleranti con la pubblicità che perviene in cartaceo, si è spietati con la pubblicità telefonica, che è quanto di più disturbante.

Promozioni e forfait hanno abbassato i costi e si è ampliato l’uso dei telefoni o smartphone, in tal modo – come dicevamo prima – i cosiddetti momenti morti (viaggi, attese, code, ecc.) vengono deputati alle chiamate più o meno utili, se non finalizzate esclusivamente ad occupare il tempo.

Il cellulare evita la mediazione. Quando si telefonava a casa di qualcuno bisognava presentarsi, dire di cosa si avesse bisogno, con chi si desiderasse parlare, il motivo, ed esporsi al fatto che l’oggetto dell’attenzione aveva la possibilità di negarsi.
Se poi inserisci in rubrica un numero di cellulare, cambia il rapporto con quella persona: la individui, ti senti piacevolmente in dovere di telefonarle, la ricordi negli sms delle feste, se scorrendo ne leggi il nome ti viene voglia di farle una sorpresa. Talvolta i nomi della rubrica sono soprannomi, come gesto affettuoso verso un interlocutore caro o … per non farlo identificare.

 

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Archiviato in:Anno IV - n.35 / Febbraio 2018, Sociologia Psicologia Pedagogia Antropologia

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