Durante i mesi estivi, per lo più nelle città meridionali, si celebrano i solenni festeggiamenti in onore della Madonna Protettrice.
Vale la pena ricordare che il patronato di Maria nell’area meridionale si estende a circa 290 comuni e i richiami alla sua presenza sono moltissimi. Numerosi sono infatti i santuari, le chiese parrocchiali, le edicole votive sparse sia in spazi urbani che rurali.
Un altro elemento di questa variegata presenza è rappresentato dai diversi appellativi con cui si invoca la Madonna: molti hanno un riferimento topografico o indicano la provenienza dell’immagine, altri evidenziano qualità specifiche o ne esaltano le capacità taumaturgiche.
Una costante della locale tradizione mariana è data dalla gioiosità di un incontro a cui poi si dedica tutta una vita: si tratta spesso dell’impegno ad erigere una chiesa sul luogo dell’apparizione o del ritrovamento di un’immagine. Alla fiduciosa disponibilità dei prescelti si accompagna sempre un segno miracoloso, capace di far acquistare credibilità all’impresa: spesso infatti la fama miracolosa di un particolare luogo di culto è legata ad eventi iniziali che ne hanno propiziato la nascita. Nei racconti della tradizione Maria è una presenza portentosa che cambia la vita, le fa trovare la gioia e anche la finalità a cui poterla dedicare. In tutto ciò viene espressa la grande misericordia e la capacità della Madonna di intervenire amorevolmente nelle precarie situazioni della vita.
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In questo contesto di tradizione, si collocano le feste patronali che sono le feste dei paesi e l’espressione della devozione popolare.
Esse rappresentano in modo concreto le dimensioni umane tipiche di un contesto sociale, richiamando e facendo vivere aspetti e valori significativi della vita cittadina. In esse i motivi religiosi si mescolano a motivi socio-ambientali e costituiscono punto di riferimento per l’identità e l’appartenenza culturale.
Mi sembra opportuno evidenziare alcuni elementi essenziali delle feste patronali sia dal punto di vista religioso sia dal punto di vista civile.
Innanzitutto emerge il valore della socialità come segno della festa in quanto è indubbio che in essa si realizzano novità nelle relazioni sociali, in un clima di apertura, di solidarietà, di superamento di distanze sociali, di accentuazione degli scambi nel segno della gratuità.
Elemento irrinunciabile per la stessa esistenza della festa è la partecipazione ai suoi vari momenti: nella misura in cui aumentano gli spettatori e diminuisce il protagonismo, si ha una negazione pratica della festa e una sua riduzione a spettacolo oggetto di consumo e di relativi sprechi.
Infine la ricchezza rituale-celebrativa della festa esprime e contiene l’insieme delle credenze, dei sentimenti, dei desideri, e dà così alla festa una funzione integratrice del vivere ordinario.
La festa dunque, come fenomeno collettivo, manifesta il vissuto di una comunità e di un popolo con una sua storia e una sua identità.
Essa resta uno dei momenti più significativi della vita di un paese e diventa l’occasione del ritorno, dell’incontro, del rituffarsi nel proprio ambiente. In essa si può cogliere una esigenza di ricomposizione della comunità cittadina che vive così momenti forti di identificazione e di intensi rapporti umani.
Non solo nel caratteristico e diffuso fenomeno del ritorno degli emigranti ma anche in tutte le diverse forme che accentuano la socialità e la partecipazione, emerge il bisogno di appartenenza, di identità culturale, di radicamento. Nella devozione si coglie la ricerca del significato della vita, la nostalgia delle radici perdute, una sensibilità estetica vissuta nei riti e nelle manifestazioni. Tutte queste esigenze spingono ad interpretare la realtà festiva come patrimonio ambientale da conservare e tramandare.
Fiducia, protezione, speranza e comunione, evocate e celebrate nella festa, producono una gioiosa novità nella vita, che si concretizza nell’esigenza di animazione e di evangelizzazione al fine di penetrare nella realtà quotidiana e immettervi germi di rinnovamento e di purificazione.