Un ritorno in Patria contestato quello di Faiez Sarraj, il capo del nuovo governo di unità nazionale della Libia sostenuto dalle Nazioni Unite. E’ arrivato a Tripoli mercoledì 30 marzo, ma le autorità non riconosciute a livello internazionale della capitale gli hanno subito ordinato di lasciare il Paese. Una prova di forza che rischiava di creare gravi problemi nell’immediato e forse anche un repentino aggravamento della crisi. Fortunatamente così non è stato anche se qualche segnale è stato dato.
Prima e dopo l’arrivo di Sarraj nella Capitale si sono uditi ripetuti colpi di armi pesanti anche se in lontananza.
Le due compagnie aeree che operano in Libia, Afriqiyah Airlines e Libyan Airlines, hanno annunciato su Facebook che avevano sospeso i loro voli su Tripoli per “problemi di sicurezza”.
In serata, un gruppo armato è entrato con la forza presso la sede di Al-Nabaa, un canale satellitare libico vicino alle autorità che controllano Tripoli, espellendo i dipendenti dopo aver sospeso le trasmissioni, almeno cosi riferiscono i due giornalisti di questa catena.
Le strade principali sono state bloccate da membri di gruppi armati, alcuni in divisa e altri in borghese dotati di kalashnikov, sono arrivati vari veicoli militari. In preda al panico, i residenti sono tornati a casa e negozi e caffè hanno abbassato le loro tende.
Segnali non certo incoraggianti ma nessun atto veramente ostile. Qualcosa di sicuramente preoccupante ma nulla di più.
L’ansia dei residenti è comunque palpabile. La gente di Tripoli teme eventuali scontri tra i sostenitori del governo illegittimo espressione della coalizione di milizie Libia Fajr (Alba della Libia) fino ad oggi al potere ed il nuovo governo nazionale espressione delle Nazioni Unite.
Faiez Sarraj è arrivato dalla Tunisia con sei membri del suo governo alla base navale di Tripoli a bordo di un battello libico scortato da navi militari. Il mezzo aereo è stato scartato per timori della contraerea delle milizie che lo avversano. È stato accolto da alti ufficiali della Marina e funzionari locali, tra cui Aref El-Khoja, ministro degli Interni del governo non riconosciuto di Fajr Libia (Alba della Libia), un segno di divisione all’interno delle stesse autorità illegittime di Tripoli che può essere sfruttato dal nuovo leader.
Ma questo governo è debole, è uscito non dalla volontà popolare ma da un difficile accordo politico firmato nel dicembre 2015 a Skhirat (Marocco), con la mediazione attiva delle Nazioni Unite, e non ha radici locali.
Sul terreno, la Libia rimane de facto “governata” dai due governi rivali.
Quello nato ad Al-Baida (est), prima sede di un governo eletto nel giugno 2014, con un’elezione allora riconosciuta dalla comunità internazionale, che ha poi dovuto ripiegare a Tobruk (est), dopo lo scoppio della guerra civile nell’estate dello stesso anno. E’ composto da esponenti di compagini liberali, da nazionalisti e ex dirigenti del regime di Gheddafi, uniti in un fronte anti-islamista.
Ad ovest si trova l’altro governo basato a Tripoli e costituito attorno a una coalizione che reclama l’eredità anti – Gheddafi della “rivoluzione” del 2011. Esso riunisce i sostenitori dell’Islam politico e rappresentanti dall’importante città commerciale di Misurata.
Questo terzo governo di Faiez Sarraj che, almeno sulla carta, dovrebbe promuovere la riconciliazione tra i due campi rivali il cui confronto ha gettato la Libia nel caos e consentito allo Stato Islamico (IS) di installarsi nel Paese, ha invece subito urtato i duri sia di Tobruk che di Tripoli.
Ma Sarraj non sembra preoccuparsene più di tanto. In un breve discorso dopo l’arrivo a Tripoli si è impegnato a rendere prioritaria su tutto la riconciliazione per il raggiungimento di una generale situazione di sicurezza a premessa della rinascita economica.
Sa di poter contare sull’appoggio incondizionato oltre che delle Nazioni Unite, anche degli Stati Uniti, dell’Unione Europea, dell’Italia e della Francia che hanno favorito il suo arrivo ed accolto il suo fragile insediamento con grande soddisfazione. Per la Comunità Internazionale è stato il conseguimento di un suo obiettivo fissato da tanti mesi e cioè la costituzione di un’autorità unificata cui fare riferimento per ogni futuro intervento mirato alla rinascita della Libia.
Fin qui la cronaca recente. Quali le prospettive? Non esiste alternativa per Sarraj, ora subito al lavoro.
Gli obiettivi generali e le priorità che si è posto vanno bene ma li dovrà ricercare seguendo le seguenti linee di azione: permettere al più presto alla gente di tornare nelle proprie città, a casa; cercare di normalizzare la situazione affinché la vita possa riprendere; rimettere in funzione le istituzioni nazionali a premessa di una ripresa del motore amministrativo dello Stato; rimettere in sesto il sistema economico basato sulla Banca Centrale e sulla compagnia (NOC) che gestiva le risorse petrolifere. Ed infine il compito più difficile, combattere seriamente lo Stato Islamico.
Tutto ciò ovviamente presuppone dei cambiamenti che si potranno ottenere solo con riforme tanto mirate quanto moderate, ma anche e soprattutto condivise.
Certo questo richiede il sostegno di tutta la Comunità Internazionale e soprattutto grande equilibrio ed equidistanza dalle numerosissime fazioni che si oppongono all’unificazione del Paese in nome degli interessi tribali. Per Sarraj si tratta di una vera sfida personale. Se fallirà il futuro unitario della Libia potrebbe essere compromesso per sempre.
Ricordiamoci che la Libia unitaria non esisteva, la Libia è diventata un solo Paese nel 1934, e lo abbiamo voluto noi Italiani. Questa unificazione, come tante altre perpetrate dalle potenze occidentali dopo la prima guerra mondiale, era artefatta e non rispettosa delle etnie e dei potentati installati da secoli nel territorio. Oggi c’è ancora chi auspicherebbe una separazione della Libia in tre parti, Tripolitania, Cirenaica e Fezzan. Anche in Italia qualcuno ritiene che a noi convenga un governo regionale in Tripolitania, per i nostri interessi petroliferi nell’area, più che uno stato unitario di difficile realizzazione pratica. Staremo a vedere.
Per ora Sarraj è arrivato sul suolo libico ed è un risultato. Chi prevedeva grandi disordini è stato smentito. Il capo di questo Governo di Unità Nazionale oggi gode dell’appoggio delle milizie di Misurata che dettano legge anche a Tripoli e questo è già molto.
Ma ora deve parlare al più presto con Khalifa Haftar, il generale leader indiscusso a Tobruk e Bengasi, e trovare con lui un accordo per poter iniziare a lavorare. L’appoggio economico della comunità internazionale gli darà ulteriore forza ed autorevolezza. I mezzi economici in questo contesto ancora tribale sono importanti ma non bastano per tenere a bada le tante tribù. Gheddafi ci era riuscito, distribuendo opportunamente i proventi del petrolio e del gas ma anche e soprattutto con il terrore di una dittatura spietata. Oggi con la “debole forza” della democrazia sarà tutto più difficile.