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“La verità è che la cultura è come cipria: la puoi mettere in faccia a una ballerina o a un clown, la sostanza comunque sta sotto e la sostanza per i più è il denaro”
Milano è dove abitualmente vivo e qui che i momenti di illusoria felicità li ho cerati passeggiando a piedi o percorrendo in bicicletta tratti più o meno lunghi del naviglio.
Canticchiavo un motivetto antico e non sapevo perché, non sapevo nemmeno tutte le parole, ma mi piaceva da morire l’aria e il sole in faccia, il senso di leggerezza assoluta.
![Felicità e altre facezie. 1](https://www.farecultura.net/wp-content/uploads/2021/09/7821-79247893_1488188944678591_1646384560830676992_n.jpg)
La consapevolezza di avere un bagaglio leggero, di non avere ricchezze, di non aver conquistato niente di cui far bella mostra, eppure ero felice: anzi, sono felice ogni volta che posso godere di quell’illusorio senso di libertà.
Quante volte ho dovuto convincere me stesso, sfiorando con lo sguardo ville e macchine di lusso che non contano solo i soldi, che nella vita c’è altro, c’è molto di più, che non sempre bisogna attendersi di veder riconosciuto come “martirio” il non aver voluto “allungare le mani”, e poi quella fastidiosa vocina che qualcuno chiama coscienza e altri solo giustificazione del non “aver saputo cogliere l’occasione”.
A volte non mi accorgo di parlare agli altri e continuo senza nemmeno accorgermene a dialogare con me stesso.
Mi dico: si può imboccare la strada della sensibilità o quella del cinismo, quando basta niente per cominciare a pensare che la vita non è poi tanto meravigliosa, dove conta solo chi ha le tasche piene, e tutto il resto sono fesserie. A costo di apparire “non tanto giusto di testa” continuo a coltivare l’idea che bisogna ricercare gli aspetti migliori dell’esistenza anche a costo di ignorare la verità, se la verità è poi diversa da quella che raccontiamo anche a noi stessi.
![Felicità e altre facezie. 2](https://www.farecultura.net/wp-content/uploads/2021/09/7821-chiave.jpg)
Mentre litigo con i miei due me stesso rifletto sul fatto che per i non coltivatori di illusioni la verità è che la cultura è come cipria: la puoi mettere in faccia a una ballerina o a un clown, la sostanza comunque sta sotto e la sostanza per i più è il denaro.
Un “amico” mi ha ripetuto: “solo quello che hai conta e se hai idee contano solo se servono a far soldi, e questo caro Giuseppe dovrebbe essere evidente pure ai “puri” come te”.
Allora che si fa? ci adeguiamo? Avrei voglia di non farmi troppe storie e mettermi anch’io a rincorrere sicure concretezze per vincere una corsa tra i tanti che non hanno capito che dopo tante salite e discese, dopo tante curve c’è una stazione ultima di partenza che non prevede “bagaglio”.
Mentre continuo la mia passeggiata mi resta l’impressione di stringere vento, sabbia o niente. In un ultimo tentativo disperato di giustificazione, mi dico che la felicità non è una cosa che si mette in tasca o sul conto in banca è una partecipazione improvvisa al tutto, come se di colpo ci sentissimo nota di un’armonia celestiale, sillaba di un discorso incomprensibile ma vibrante, e dopo tutto qualcosa di amaro resta sempre in bocca mi accorgo allora di continuare a girare il cucchiaino nella tazzina del caffè ignorando che occorre prima aggiungere lo zucchero.